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Storia di una ragazza coraggiosa

“Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo”.

Queste sono le parole di Rita, una ragazza siciliana, nata a Partanna, figlia di mafiosi, una giovane donna coraggiosa che ha avuto la forza di ribellarsi alla regola dell’omertà che regge Cosa Nostra.

Il 5 novembre 1991 Rita Atria ha 17 anni. Si presenta ai giudici per raccontare la sua storia credendo in questo modo di poter vendicare gli assassini del padre e del fratello uccisi da una faida criminale.

La sua non è una scelta facile: è la ribellione a generazioni di donne che avevano visto, avevano sentito, ma non hanno mai parlato di un mondo tanto distante e tanto diverso dalla concezione di comune di Stato, ma che per loro era la realtà.

Rita Atria varca la soglia della legalità divenendo così un’”infame”per il mondo a cui appartiene, cosciente che la sua vita cambierà, consapevole che sarà sola, lontana dalla sorella che rifiuta di incontrarla per non essere coinvolta, rifiutata dalla madre.

Quello che la spinge è un sentimento di vendetta che si trasforma in desiderio di giustizia sotto la guida di Paolo Borsellino, lo “zio Paolo” come era solito chiamarlo. Rita aveva visto il sangue di due familiari macchiare il pavimento della sua casa, aveva sofferto, aveva provato la paura che nasce dalla consapevolezza di vedere la propria vita appesa al filo dell’illegalità che governa il paese. Non ci sta, non accetta tanto.

Ai giudici fa i nomi, fornisce riscontri, denuncia, parla anche dei rapporti che sussistono fra il suo ex fidanzato e Cosa Nostra.

Avendo una conoscenza più approfondita del fenomeno mafioso, diviene collaboratore di giustizia, creando in tal modo le premesse per una più adeguata risposta istituzionale al fenomeno stesso.

Nella sua vita l’incontro con il giudice Borsellino è fondamentale: Rita si sente protetta, riesce a vedere le cose in modo diverso, ha finalmente fiducia nello Stato e nelle istituzioni.

Solo con lui Rita riesce ad andare avanti nella ricerca della verità, a non fermarsi innanzi a nessuno. Viene trasferita a Roma sotto falso nome. Vive lì con la cognata Piera Aiello, anche lei collaboratore di giustizia,. E’ costretta a cambiare dimora continuamente, a vivere un’identità che muta sempre, che non è la sua. Raccoglie i suoi pensieri su di un diario, un regalo dello “Zio Paolo”, diario che è il suo testamento spirituale. Il 19 luglio 1992 l’attentato di Via D’Amelio.

Il dolore è troppo forte, Rita stavolta non ce la fa e una settimana dopo questo tragico evento si toglie la vita. Il suo esempio non è stato dimenticato. In Sicilia esistono dei comitati di lotta alla Mafia intitolati a lei, sono stati fatti film e rappresentazioni teatrali in nome di quella ragazza pentita che tuttavia non aveva nulla di cui pentirsi, ma che ha dato un esempio forte alla società civile, sottolineato anche dalla sua giovane età.

Angela Allegria
16 febbraio 2006

In: www.girodivite.it