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Graziella Campagna, ragazza siciliana uccisa dalla mafia

Quando hai diciassette anni non ci pensi alla morte, la vivi come un evento lontano, che non ti appartiene, qualcosa di oscuro che accomuna le persone anziane, ma tu non sei fra queste e per questo non te ne curi.

Quando dopo una battaglia giudiziaria durata ventidue anni si giunge a scoprire la verità, trovando i responsabili che vengono assicurati alla giustizia, condannati a scontare la giusta pena per le proprie azioni non pensi che solamente un anno dopo uno di essi, condannato all’ergastolo, possa uscire dall’istituto penitenziario che lo ospita per incompatibilità.

Sembra ci si trovi innanzi ad una situazione da incubo difficilmente riconducibile alla realtà, eppure questa è la storia di Graziella Campagna, un giovane siciliana di Saponara, in provincia di Messina. Graziella, appena diciassettenne, fu fatta salire su un’auto, assassinata con cinque colpi di lupara sparati in faccia a distanza ravvicinata che la colpirono al braccio con cui si riparava il viso, al viso, allo stomaco, alla spalla e finita con un colpo di grazia il 12 dicembre1985 che le trapassò il cranio e si conficcò nel fango. Due giorni più tardi fu ritrovato il suo corpo a Forte Campone, sui monti Peloritani, al confine tra Villafranca e Messina.

Cosa aveva visto Graziella, la quale lavorava presso una lavanderia del suo paese, per cui doveva morire? Graziella è stata uccisa perché, il 9 dicembre, aveva trovato nella tasca una camicia un documento dal quale si capiva che l’ingegner Cannata, assiduo frequentatore della lavanderia “La regina”, in realtà aveva un’altra identità. Si trattava di Gerlando Alberti junior, il quale, insieme a Giovanni Sutera, presentato come geometra Lombardo, era ricercato per associazione di tipo mafioso e per traffico di stupefacenti.

Quella scoperta fatta da Graziella, sorella di un carabiniere, poteva mettere in pericolo la latitanza dei due boss che non solo si erano rifugiati in quel territorio per nascondersi, ma anche per investire i proventi provenienti dalla loro attività illegale.

Dopo quasi venti anni di processi nel 2004 le condanne: Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, all’ergastolo, in quanto esecutori materiali del delitto, in concorso tra loro, con l’aggravante di aver agito in regime di premeditazione e durante lo stato di latitanza, Agata Cannistrà e Franca Federico, rispettivamente collega e titolare della lavanderia presso cui Graziella lavorava condannate entrambe a due anni per favoreggiamento e per aver deviato le indagini.

La sentenza di primo grado confermata dalla Corte di Assise di Appello di Messina in data 18 dicembre 2008.

Il 15 dicembre di quest’anno, a distanza di solo un anno, il tribunale di sorveglianza di Bologna concede ad Alberti la misura alternativa alla detenzione consistente negli arresti domiciliari perché lo stesso, in base al cumulo giuridico, ha già scontato 22 anni di reclusione (per altri reati) e lo stato di salute del soggetto non è compatibile con il carcere.

Indignata non solo la famiglia di Graziella, che ha lottato per anni per avere giustizia, non credendo neppure per un attimo che si trattasse della classica “fuitina”, come si era detto per deviare le indagini, ma tutta la collettività.

L’unica cosa che fa sperare è il ricorso proposto alla Cassazione da parte del Procuratore Generale Marcello Branca il quale ha lamentato che la decisione sia stata presa sulla base della documentazione medica fornita dalla difesa, senza chiedere una perizia specifica sull’Alberti.

Angela Allegria
Gennaio 2010
In Il Clandestino con permesso di soggiorno